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Direttive Case Green, illustrazione di una casa con classi energetiche di riferimento.

Uno degli obiettivi principali nell’ambito dell’edilizia è, al giorno d’oggi, il raggiungimento della massima efficienza energetica. L’esigenza di ristrutturare le abitazioni dalle prestazioni obsolete o persino dannose per l’ecosistema è divenuta primaria, in tutta l’Unione Europea.

Da questa esigenza è nata, recentemente, la direttiva Case Green, chiamata anche Direttiva Europea sulle Prestazioni Energetiche degli Edifici (EPBD, Energy performance of buildings directive). 

Cosa prevedere la direttiva Case Green? Quali sono le ultime novità e qual è la situazione degli edifici in Italia? Scopriamo tutto quel che occorre sapere in questo approfondimento. 

Cosa prevede la direttiva case green? 

Un argomento centrale, che recentemente ha fatto discutere molto: la direttiva Case Green, non ancora approvata e finalizzata dal Parlamento Europeo, potrebbe offrire maggiore flessibilità ai paesi membri dell’Unione Europea. Sempre più consolidata risulta essere l’ipotesi di nuove aperture. Ma facciamo un passo indietro. Cosa prevede la direttiva Case Green e perché per l’Europa è fondamentale ridurre l’impatto ambientale degli edifici

Secondo le stime, in Europa gli edifici sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra e del 40% del consumo finale di energia. Un’analisi approfondita ha rivelato che circa il 75% degli edifici tuttora esistenti risulta inefficiente in termini energetici: da ciò ne consegue un peggioramento della qualità generale dell’aria nelle diverse città di tutta Europa. 

La direttiva Case Green, nata sul testo della Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica degli edifici, è frutto (ancora inconcluso) di un lavoro che va avanti dal 2018. In Italia la dicitura “case green” include gli immobili a emissioni di gas nocive pari o vicine allo zero. 

L’obiettivo fondamentale della proposta di revisione della direttiva Case Green è quello di garantire, in ambito edile, l’accelerazione del processo di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare esistente. La direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia mira a incentivare la ristrutturazione su un cospicuo numero di edifici, ritenuti inefficienti, al fine di ridurre le emissioni di gas serra e il consumo energetico a partire dal 2030. Il traguardo ultimo è quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Un programma certamente ambizioso. Il testo della direttiva Case Green attualmente votato dal Parlamento Europeo prevede che, per gli edifici di nuova costruzione e per l’edilizia privata, vi sia l’obbligo di risultare a emissioni zero a partire dal 2028. Tale termine viene anticipato di due anni nel caso degli edifici di proprietà pubblica. 

Per quanto riguarda il patrimonio edilizio residenziale esistente, invece, l’obiettivo è quello di riuscire a raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033. Tali scadenze si accorciano di 3 anni per gli edifici non residenziali esistenti e per gli edifici pubblici. 

Rispetto al 1990, quindi, l’Unione Europea punta a ridurre del 55% le emissioni nocive mediante la riqualificazione del parco immobiliare europeo. Gli edifici, quindi, dovranno risultare efficienti dal punto di vista energetico affinché sia possibile raggiungere le emissioni zero entro il 2050

I diversi parchi immobiliari nazionali e internazionali, però, si trovano in differenti situazioni di partenza nell’ambito della classificazione energetica (dalla classe A alla G). Ogni Stato deve, pertanto, identificare le politiche e le misure necessarie al raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici, definendo il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima).

Per questo, secondo la direttiva Case Green la classe G dovrà coinvolgere solo il 15% degli edifici con prestazioni energetiche peggiori, in ogni singolo Stato membro dell’Unione Europea. 

Un dettaglio importante riguarda strutture come monumenti e luoghi di culto, esclusi dagli obblighi di efficientamento. I Paesi membri, inoltre, potranno adeguare gli obiettivi sulla base della fattibilità (tecnica ed economica) delle ristrutturazioni necessarie, e sulla base della disponibilità di aziende e manodopera specializzata. 

Direttiva case green: A che punto siamo?

La direttiva case Green, o EPBD, ha ottenuto il benestare del Parlamento Europeo a marzo. Al momento si trova nell’ultima fase del processo legislativo e sono stati rimandati a dicembre gli ultimi negoziati ufficiali. 

Il 6 giugno, a Bruxelles, si è tenuto il primo Trilogo durante il quale i rappresentanti del Consiglio e del Parlamento Europeo hanno concordato un testo utile alla definizione delle tempistiche di decarbonizzazione nel settore edile. In particolare, la discussione ha riguardato due argomenti: 

  • l’articolo 9, secondo il quale gli edifici residenziali hanno l’obbligo di raggiungere la classe D entro il 2033;
  • l’articolo 16, il quale riforma completamente il sistema di classificazione dell’attestato di prestazione energetica dei Paesi membri.

Il secondo Trilogo si è tenuto, quindi, il 31 agosto e la discussione ha coinvolto tematiche molto delicate, quali il calendario per il miglioramento energetico degli edifici e la revisione del sistema che regolamenta il rilascio dell’attestato di prestazione energetica. Le decisioni finali sono, però, state rimandate al terzo Trilogo, tenutosi il 12 ottobre.

Durante questo ultimo incontro è stato confermato il testo già approvato a marzo, ma nuovi scenari sono stati aperti. Uno degli obiettivi è quello di ridurre sensibilmente le differenze tra i vari Stati membri dell’UE. La grande novità riguarda la ristrutturazione delle case inquinanti: ogni Stato dovrà predisporre un piano volto alla riduzione del consumo energetico del parco edilizio residenziale, ma non sarà più obbligatoria la ristrutturazione degli edifici inquinanti. Sono stati, inoltre, cancellati anche gli obblighi di installare colonnine di ricarica nei parcheggi presso gli edifici residenziali esistenti. 

Pertanto, i Paesi membri potrebbero avere maggiore margine e più flessibilità per l’elaborazione di un piano che ha come scadenza il 2050 piuttosto che il 2030. 

Inoltre, l’esigenza di armonizzare le certificazioni energetiche a livello europeo potrebbe essere rimossa. Altri punti, quali i mutui green e l’obbligo di installazione di pannelli solari presso edifici pubblici (o non residenziali) verranno affrontati nel prossimo incontro, che si terrà probabilmente a dicembre. 

Il Parlamento Europeo, allo stesso tempo, rispetto al Consiglio Europeo presenta una posizione meno permissiva e più rigida. Mentre il Consiglio propone di allungare i termini per l’efficientamento energetico entro il 2050, il Parlamento non condivide questo obiettivo, riportandolo al 2030. 

Altri punti critici della direttiva Case Green rimangono: 

  • il tema dei mutui, poiché potrebbero essere incentivati solo mutui per l’acquisto delle abitazioni dall’elevata classe energetica, mentre le altre non troverebbero mercato e verrebbero deprezzate;
  • il tema finanziario. Un punto importante poiché le spese per l’efficientamento energetico degli edifici potrebbero raggiungere i 48 miliari di euro all’anno. Occorre definire, quindi, chi dovrebbe farsi carico delle spese.

La situazione degli edifici italiani

Sono circa 9 milioni (su 12 milioni) gli edifici residenziali che non risultano idonei agli standard energetici previsti dalla direttiva Case Green. Un numero impressionante. Un altro dato molto importante riguarda la riqualificazione del 15% degli edifici definiti “energivori”, ovvero ad alto consumo energetico. Per questa percentuale di edifici, secondo le stime dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) servirebbero 630 anni per svolgere i necessari lavori di efficientamento e riqualificazione. Sempre secondo l’ANCE, occorrerebbero 3.800 anni per poter raggiungere la decarbonizzazione generale dell’UE

In Italia è stato stimato che circa il 75% degli edifici sono stati realizzati prima della legge 10/1991, normativa che regolamenta i consumi di energia presso strutture pubbliche e private. ENEA stima che siano circa il 74% le abitazioni appartenenti a classi energetiche inferiori alla D (nella G troviamo il 34% degli edifici, nella F il 23,8% e nella E il 15,9%). Pertanto, sono ben 11 milioni gli edifici con classe energetica inferiore alla D. 

Nonostante al momento la direttiva Case Green non preveda sanzioni, dal 1 gennaio 2030 potrebbe essere vietata la vendita o l’affitto di immobili che non possiedono la classe energetica prevista. 

La situazione in Italia è piuttosto complessa: per poter applicare nel concreto la direttiva Case Green, quindi, è indispensabile attivare una politica di incentivazione fiscale tesa ad agevolare il processo di efficientamento, implementando soluzioni integrate per tutti gli edifici italiani. 

Quali sono gli immobili esclusi?

Esempio di edificio italiano storico durante una pulizia a Cassino da un operaio EdiliziAcrobatica su fune. Edifici escusi dalla Direttiva Casa Green

Sono circa 3 milioni gli edifici esclusi dalla direttiva Case Green: trattasi di edifici appartenenti al patrimonio storico del paese e di abitazioni utilizzate per meno di 4 mesi all’anno. Gli immobili che possono essere esclusi dagli interventi di ristrutturazione sono anche:

  • chiese e luoghi di culto;
  • edifici a uso temporaneo;
  • monumenti;
  • edifici dall’alto valore storico/architettonico;
  • abitazioni utilizzate meno di 4 mesi all’anno;
  • abitazioni unifamiliari dalla superficie inferiore a 50 mq. 

Case Green: Novità principali

Le diverse fasi negoziali tra Consiglio, Parlamento e Commissione Europea hanno comportato modifiche nei termini e nel quadro normativo della direttiva Case Green approvata a marzo. Scopriamo le novità principali evidenziate durante l’ultimo incontro (12 ottobre), in attesa della prossima data in calendario (probabilmente a dicembre). 

Riduzione del 55% delle emissioni entro il 2050

Uno degli obiettivi della direttiva Case Green è quello di coinvolgere gli Stati e sensibilizzarli riguardo l’importanza della ristrutturazione, tesa a ridurre i consumi energetici e delle emissioni di CO2. L’Unione Europea mira a:

  • diminuire del 55% le emissioni nocive;
  • ridurre l’impatto degli edifici sull’ambiente;
  • limitare l’utilizzo di fonti fossili in tutte le città europee;
  • offrire case più comode e meno costose ai cittadini;
  • raggiungere la neutralità climatica entro il 2050

Riqualificazione del patrimonio edilizio

L’approccio maggiormente flessibile, contrastante con l’effort iniziale condiviso a marzo, ha comportato una revisione di alcuni punti della direttiva. In particolare, i punti che coinvolgono le tempistiche necessarie per la riqualificazione degli edifici. Le tempistiche per l’applicazione della direttiva EPBD risultano essere meno rigide per tutti gli Stati membri. Ogni Stato potrà gestire le risorse e definire le misure più adeguate per ridurre il consumo energetico degli edifici, predisponendo un piano di rinnovamento teso ad abbattere i consumi complessivi entro il 2050 (non più 2030).

Stop ristrutturazione delle case energivore

Un’importante novità riguarda l’obbligo di ristrutturare le case energivore. Mentre prima il testo comprendeva tale obbligazione, al momento essa è stata ritirata e non vi è alcun obbligo di ristrutturazione.

Elaborazione dei dati 

I dati relativi al consumo energetico degli edifici verranno elaborati sull’intero parco immobiliare, non sulle singole unità. Pertanto, i singoli edifici non verranno obbligati a migliorare la propria classe energetica, ma ciascuno Stato membro dovrà definire un percorso di efficientamento energetico condiviso a livello nazionale. 

Riforma del sistema delle detrazioni 

Il tema delle detrazioni fiscali è strettamente legato alla direttiva Case Green: solo grazie a un incentivo, infatti, sarà possibile raggiungere gli obiettivi previsti. La bozza della direttiva Case Green prevede una riforma del sistema di detrazioni fiscali nell’ambito degli interventi di riqualificazione e ristrutturazione. 

Si punta a realizzare un testo unico teso a ottimizzare le tempistiche e ridurre i costi degli interventi. I punti della nuova possibile riforma potrebbero includere:

  • una garanzia di aliquote distribuite in 10 anni;
  • il coinvolgimento di unità immobiliari soggette agli obblighi dettati dalla direttiva Case Green (in particolare, le prime case, le unità immobiliari non storiche e gli immobili con classe energetica bassa);
  • l’ammissione di interventi energetici, sismici, per l’abbattimento delle barriere architettoniche e per la riqualificazione energetica profonda (in caso dovessero rendersi necessari più interventi);
  • una garanzia di aliquota ridotta per interventi singoli e aliquote crescenti (in caso di riqualificazione energetica profonda) sulla base delle performance raggiunte; 
  • l’agevolazione per le persone a basso reddito, per i condomini con persone in condizione di povertà energetica e nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica;
  • la garanzia di costi massimi specifici omnicomprensivi (per interventi singoli o di riqualificazione energetica profonda).

Potrebbero, inoltre, essere integrati altri strumenti finanziari (come i finanziamenti a tasso agevolato) o proposti meccanismi alternativi di ritorno della detrazione fiscale (sconto in fattura o cessione del credito) e altri bonus edilizi come i bonus ristrutturazioni

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